Crisi

Ciao! Quello che seguirà, non è un post programmato. Non che io programmi gli articoli che pubblico su questo blog, ma solitamente il giorno designato a questo compito era domenica, non il sabato. Cosa mi ha spinto a condividere questo pensiero, ve lo dico subito. Avevo appena chiuso una telefonata con il mio commercialista, e nei minuti successivi ho aperto facebook ed ho iniziato a scorrere la bacheca. Dopo un paio di swipe verso il basso, un articolo fresco di pubblicazione ha catturato la mia attenzione. Il titolo? “La vita di Massimo distrutta dalla crisi: ormai dormo in auto”.

L’articolo racconta la storia di Massimo Presolana, un bresciano DOC di 38 anni costretto, a detta sua dalla crisi economica che attanaglia il nostro paese, a dormire in macchina e a contare tra gli unici averi, un piumone, pochi spiccioli, i vestiti che indossa e un’Alfa 147.

Non voglio dilungarmi sul contenuto dell’articolo, di cui metterò il link e che potrete leggere voi stessi, perché voglio concentrarmi su un ragionamento che faccio ogni volta che leggo una storia simile. Prima di buttarmici a capofitto, voglio fare una premessa. Quello che seguirà non sarà un giudizio sulla persona di Massimo, ma un discorso più generale. Sono sicuro che dal suo punto di vista, abbia tutte le ragioni di questo mondo per trovarsi nella situazione in cui versa oggi. Ma vorrei provare a dare il mio punto di vista, senza con questo pretendere di dare lezioni a nessuno.

Di storie come la sua, negli ultimi anni, se ne sono sentite migliaia. Persone che sono arrivate a perdere tutto, a causa di condizioni economiche non favorevoli.

C’è crisi, lo sappiamo tutti, e basta accendere il televisore per sentire questo slogan gridato un po’ in tutte le salse. Se la maggior parte delle persone, al suono di quelle due parole annuisce indignata, io mi trovo sempre a pensarla diversamente.

Sono figlio di genitori divorziati, e ricordo bene il periodo tra i 14 e i 16 anni, successivo al mio ritorno da Kiev. Versavamo in condizioni economiche davvero preoccupanti, e mia madre aveva l’arduo compito di sfamare le bestie fameliche in cui l’adolescenza aveva trasformato me e il mio gemello. Già allora, ricordo di come gli adulti parlassero con nostalgia dei tempi passati, di come ci fosse lavoro per tutti e di quanto il presente fosse lontano da allora. Concordavano tutti, alla quasi unanimità, anche trovare un impiego era diventata un’impresa impossibile. Alcuni, avevano addirittura smesso di cercarlo, tanto il risultato era sempre lo stesso.

Io, che al tempo frequentavo (malamente) l’Itis di Cremona, guardavo mia madre con un misto di ammirazione e perplessità, perché lei il lavoro, sembrava trovarlo sempre. Come barista prima, e commessa in una pasticceria poi, dopo pochi mesi dal nostro approdo in Italia aveva raggiunto quella che, per “gli altri adulti”, restava una chimera. Io nel mio piccolo, ogni tanto mi chiedevo come facesse ad avere tutta questa fortuna. Come facevano ad andargli tutte bene? Me lo sono chiesto, finché dalla pasticceria non l’hanno licenziata.

Era inizio settembre, e quell’anno io e mio fratello avremmo condiviso un set di libri in due (non che li utilizzassi molto a scuola, ma questo è un altro discorso). Preoccupato, avevo quasi iniziato a pensare che avrebbe preso posto a fianco di tutti quelli che gridavano “il lavoro non c’è”, per poi essere smentito quando dopo poco, veniva assunta in autogrill.

Faceva i turni, notti comprese, e a casa la si vedeva molto poco. Quando avevamo l’occasione di stare insieme, mi raccontava delle pause pranzo in piedi, dei pullman di turisti che assaltavano il bancone, dell’assoluta mancanza di gentilezza da parte dei clienti. Non riceveva complimenti, ma spesso critiche. Le mani non si muovevano abbastanza velocemente, i panini non erano mai quelli delle pubblicità, e i caffè venivano sempre troppo caldi. Converrete con me, che non era propriamente un lavoro da sogno. Eppure l’ha sempre fatto, senza lamentarsi.

A casa c’erano due adolescenti ingestibili (uno molto più gestibile dell’altro, lascio a voi la scelta di quale dei due fossi io) senza nessuno che li controllasse, un ex marito che viveva e lavorava a più di 2000 km, una casa da mandare avanti e il pane da mettere in tavola. C’erano tutti i presupposti perché la barca affondasse, eppure non è successo. È stata in autogrill per un anno intero, finché non ha trovato un posto come commessa in un negozio d’abbigliamento in paese, ed ha potuto licenziarsi. In tutto questo, al mio gemello e a me non ha fatto mancare nulla.

E di storie come quella di mia madre in autogrill, crescendo, ne ho conosciute tantissime. Madri e padri, fratelli sorelle, zii zie e cugini, che a fronte di tempi duri hanno fatto di necessità virtù, si sono rimboccati le maniche e hanno preso il primo posto disponibile. Da ragazzino pensavo che fosse fortuna, oggi che faccio l’imprenditore so che non è così. Il lavoro c’è, per chi lo vuole veramente. E lo dico serenamente, senza paura di sembrare arrogante, perché l’ho provato sulla mia pelle.

Quando quattro anni fa cercavo un’occupazione, la maggior parte delle persone mi rispondeva come “gli altri adulti” rispondevano a mia madre quando ero ragazzino. I tempi sono duri, il lavoro non c’è, e tu sei in sedia a rotelle. Se non trovano lavoro i normodotati, come pensi di trovarlo tu? Eppure, con una filosofia del “perché no?” e tanta ricerca, ho trovato una professione che mi gratifica in termini economici e di tempo libero, e che udite udite, è accessibile a tutti. E sapete quanta gente ho incontrato sul mio cammino che ha iniziato il mio stesso business, e alla prima difficoltà ha mollato? Ormai ho perso il conto.

O se vi raccontassi di quanto è stato difficile trovare un assistente ad personam. Ci credereste che per mesi ho fatto colloqui con persone con l’acqua alla gola, e le bollette da pagare, che mi rispondevano picche perché preferivano aspettare “il lavoro per cui avevano studiato?”. E indovinate? La maggior parte di queste è ancora disoccupata. Danno la colpa alla crisi, ai tempi che non sono più quelli di una volta, alla globalizzazione che schiaccia il lavoratore dipendente, e mai a loro stessi.

Il punto, e a qualcuno che legge questa cosa genererà fastidio, è che il lavoro c’è, ma non quello che vorrebbero loro. Il mondo è cambiato, e con esso sono cambiate le professioni. Le competenze richieste dal mercato non sono quelle di vent’anni fa, ma sono assimilabili da tutti. Sarà faticoso, ma pur sempre fattibile.

Se ripenso a mia madre, posso dire con assoluta certezza che ha odiato il 90% del tempo che ha passato in autogrill. Ma c’erano delle priorità, delle scelte da fare, e il lavoro era quello. Poco importava se non era ciò per cui aveva studiato, o il lavoro che sognava da bambina.

Ora, non farò di tutta l’erba è un fascio, perché credo esistano persone disoccupate che lo sono nonostante i loro sforzi di trovare lavoro. Ma ho la certezza che se continueranno a cercare, senza mai mollare, disoccupate lo saranno ancora per poco.

A Massimo dell’articolo auguro di non appartenere alla categoria “altri adulti”, perché voglio credere che si trovi in questa situazione a causa di circostanze di cui non ha nessun controllo. E che con la crisi, o senza, trovi lavoro.

Senza alibi, né scuse.

Tempo al tempo.

7 commenti su “Crisi”

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    Keep going my friend!

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