Ruggine

La musica di de André mi rimbomba nelle orecchie, mentre scorre lungo le cuffiette collegate al computer. Ora l’abbasso per sentire i miei pensieri, che fanno molto più rumore della musica che ho appena abbassato.

Respiro.

Ne è passato di tempo, dall’ultima volta. 126 giorni, per l’esattezza.

Credo di aver ripetuto questa frase ormai all’infinito. Se bazzichi su questo blog da un po’ di tempo, avrai imparato che sono fatto così. Ho momenti più o meno lunghi in cui scrivo, per poi inabissarmi sotto il pelo dell’acqua, e sparire nelle profondità più scure.

Ogni volta che riemergo per riempire d’ossigeno i miei polmoni, l’assenza di gravità che ho trovato sui fondali svanisce di colpo, e mi ritrovo schiacciato dal peso dei giorni di inattività.

Come si fa a scrivere? Arrugginito cerco di ricordarmelo.

La musica che sento nelle orecchie sembra suggerirmelo. Tempo fa mi veniva facile. Tramutavo i pensieri in forma scritta senza quasi rendermene conto. Della matassa aggrovigliata che da ormai 27 anni alberga il mio cervello, trovavo il bandolo in un battito di ciglia. Lo inchiodavo all’inizio del foglio, e iniziavo a scorrere il filo in maniera ordinata.

Ma ora?

Respiro.

Un passo dopo l’altro, stronzetto impaziente.

Devi ricordarti come si cammina, prima di tornare a correre.

Che poi, hai mai davvero corso? Sei tanto audace da proclamarti centometrista? Se così fosse, dove sono le coppe? E le medaglie? Perché non esponi le corone d’alloro?

Paradigmi. Dannatissimi paradigmi del cazzo.

Chiudiamo questa breve parentesi di follia. La musica mi culla, io sbadiglio, ed inizio ad essere fin troppo sincero.

126 giorni in cui è successo di tutto. 126 giorni di gioie, tanti dolori, e crescita. Ne parlerò a tempo debito. Per ora mi basta essere uscito dall’antro caldo ed accogliente, che chi ne sa più di me chiama zona di comfort.

Un passo dopo l’altro, stronzetto impaziente.

Torno presto.

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