Just Keep Moving #029

Di fronte alla crudeltà della vita non bisogna arrendersi, ma rispondere con più vita.

Inizia così, il 29º episodio di JKM, con una citazione di Nietzsche che ho scoperto l’altro ieri (google non mi dà conferme in merito, ma la frase è bellissima quindi checazzomenefregaame).

Un episodio che inizia, dicevo, con questo inno alla vita che mi trova però, malinconico. Della mia malinconia e della sua radice, ne parlerò alla fine del post. Ora voglio concentrarmi sulla vita, mettendo da parte per un attimo la crudeltà che n’è, ahimè, l’altra faccia della stessa medaglia.

Vita, la mia in particolare, che nei mesi in cui ho marinato questo blog, di movimento ne ha visto tanto.

A partire dal progetto che mesi fa promettevo di raccontare settimanalmente in questa rubrica, la mia scuola privata per l’insegnamento della lingua inglese.

Brooklyn International School, meglio conosciuta come “La Brooklyn” da chi ne frequenta le aule, è aperta ormai da tre mesi. Il progetto che meno di un anno fa scrivevo su carta, ha spiegato le ali ed ha preso il volo, ben più rapidamente di quanto potessi lontanamente immaginare. I primi (e inevitabili) passi incerti, quasi letali per il cuore di un imprenditore che guarda la sua creatura muoverli, oggi sono diventati grandi falcate.

La Brooklyn corre, corre veloce per raggiungere gli obiettivi che mi sono prefissato per lei, quando la potevo soltanto immaginare.

All’interno, oltre al fantastico staff che abbiamo costruito dal giorno dell’apertura, una persona che vuole imparare l’inglese trova tutti gli strumenti necessari per farlo in maniera seria, efficace e duratura nel tempo.

Pensate che oggi, domenica 11 agosto, ho passato l’intero pomeriggio in ufficio, a progettarne i passi futuri. Dal suo interno, mi è capitato di tanto in tanto di sollevare gli occhi dal computer, e guardare i locali appena fuori dalla porta, estasiato. Parola forte, potrete pensare, eppure descrive perfettamente il sentimento che provo ogni volta che mi fermo a guardarla.

Dove le persone vedono un pavimento in marmo levigato, dei muri pitturati di bianco e grigio, dei banchi, delle sedie, delle aule e tutto il resto che si trova al loro interno, io ci leggo una storia lunga otto mesi.

Una storia, la mia, di vittorie e sconfitte. Di notti insonni, di pensieri infiniti che torcevano le budella, di sangue e sudore, fatica e gioie incommensurabili. Ci leggo tanta resilienza, testardaggine e sfrontata incoscienza.

Racconta la storia di Marqo con la q, la Brooklyn. E lo fa tanto quanto questo blog, su cui scrivo da anni.

Sempre parlando di movimento, questa volta più fisico che metaforico ho realizzato il sogno che avevo da una vita. Un sogno, che non si allontana troppo dalla Brooklyn, perché a Brooklyn (quella originale) ci sono stato davvero. Col mio gemello, due cari amici di vecchia data, e due nuovi amici che cari, lo sono diventati nel viaggio. 10 giorni volati per le strade di New York, che si meritano un post a parte, che scriverò presto.

In tutta questa sinfonia di vividi colori, come dicevo all’inizio di questo episodio, qualche nota malinconica c’è stata. Alcuna più dolorosa di altre, come quella che il destino mi ha suonato stamattina.

Un caro amico, che faceva “Il Nebbia” di soprannome, ma di nebbia nella vita delle persone non ne ha mai portata, si è spento. Io, che alla crudeltà della vita un po’ ci sono abituato, voglio fare come Nietzsche (o chi per lui) e rispondere con più vita.

Ricordare i bei momenti passati con il mio amico Lino, nelle giornate d’agosto sulle spiagge croate, quando due bambine litigavano e per dividerle si è beccato un pugno sul naso. Alle infinite mangiate da Dina, alla cena di pesce persa a marianna, alle sue marlboro rosse.

Celebrarne il sorriso, appena abbozzato e un po’ burbero, ma sempre presente.

Ringraziarlo per esser stato parte del mio viaggio, di esserne stato una pagina che mai potrò dimenticare.

Ciao Nebbia.

Mi mancherà la tua voce “sorprendentemente” intonata, mentre con mio papà e il Giovanni, cantavi i Pink Floyd.

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